di Alessandra D'Alessio (Psicologo Clinico)
Si avvicina una celebrazione molto amata dalle coppie, San Valentino, una ricorrenza che elogia l’amore nella sua ambita unicità e nella sua Potenza immaginaria che l’amore stesso incarna e cioè il riuscire a dare un senso a tutto.
Non esistono amanti che non siano passati dalla promessa del “per sempre”, una intenzione che di per sé incarna la sua sconfitta poiché sappiamo benissimo che nessuno potrà garantirla, sia esso una entità divina piuttosto che un’autorità. Eppure in ogni incontro d’amore si ripete tale paradosso e la ricorrenza di San Valentino, celebrata in gran parte del mondo, promuove questa via, la via del sigillo e della garanzia dell’amore unico ed eterno.
Questa ambizione non va schernita poiché è l’essenza stessa dell’amore e cioè quella di una esigenza dell’essere umano che si ripete nella sua tipica modalità.
Ma che cos’è l’amore, cosa amiamo nell’altro? In psicoanalisi amare un uomo o una donna equivale ad amare un ideale di se stessi, un “amare nell’altro ciò che non si ha” J. Lacan.
In tal senso l’amore è sempre ad un livello di ideale, tant' è che nell’esperienza del tradimento, in chi la subisce si determina una perdita a livello della propria immagine.
Ci sono tante forme di amore alcune più sane altre molto patologiche i cui esiti sono noti alle cronache: “se non ti possiedo ti elimino”. Ci sono forme d’amore “totalitarie” che chiedono all’Altro di vivere solo in funzione del rapporto di coppia e poi ci sono gli amori “sani” che sono quelli che si consumano nel rispetto delle libertà reciproche e che non si nutrono di ideali e soprattutto del mito dell’unicità del rapporto, intendendo il rapporto amoroso come unico veicolo di felicità.
Sono forse questi gli amori che ci sentiamo di dire hanno pieno diritto ai festeggiamenti della ricorrenza di San Valentino.